KRAKEN è una performance interdisciplinare creata e realizzata da un collettivo di sei artisti provenienti da diverse discipline. L’opera esplora i limiti del corpo umano in interazione con dispositivi tecnologici, attraverso una messa in scena che articola quattro elementi centrali: corpo, luce, suono e spazio.
La proposta è strutturata attorno a un’azione apparentemente semplice ma fisicamente impegnativa: un gioco di racchetta contro frontone. A seconda dell’allestimento, partecipano alla scena da due a quattro interpreti, che sostengono questa azione in uno spazio tecnologicamente intervenuto con sensori, microfoni e software di elaborazione in tempo reale. Ogni colpo della palla e ogni movimento del corpo vengono tradotti in variabili sonore e luminose, generando un’atmosfera immersiva in cui il corpo umano è messo sotto tensione dalla logica delle macchine che lo circondano e lo amplificano.
Ispirata alla figura mitologica scandinava del Kraken, simbolo dell’imminente, di ciò che divora dalle profondità, l’opera riflette sul sovraccarico sensoriale e fisico dei corpi contemporanei, sottoposti al ritmo vertiginoso della tecnologia. Come sostiene Agamben, “l’unica esperienza che la nostra epoca offre è quella di non avere esperienza”: in KRAKEN, questa idea si incarna in un gioco scenico che diventa progressivamente insostenibile, fino a sfiorare l’esaurimento.